Il nostro progetto prosegue a tappe . Pierpaolo Marino è stato oggi ospite del Corriere dello Sport. Il Direttore Generale del Napoli, ricevuto dal Direttore del prestigioso quotidiano sportivo Alessandro Vocalelli, ha illustrato il progetto del suo Napoli ed ha contestualmente tratto un primo bilancio della stagione in corso. Marino ha risposto alle tantissime mail (oltre 800) che sono giunte per lui dai tifosi azzurri sparsi nel mondo. Tra i contatti di posta elettronica da registrare anche messaggi provenienti dall'Australia. Il Direttore Generale non si è sottratto ad alcun interrogativo e non ha nascosto, sia pur con parsimonia, le ambizioni dal suo Napoli soprattutto in chiave futura. Siamo soddisfatti di quanto stiamo facendo al primo anno di Serie A. Stiamo esprimendo un gioco brillante, a tratti esaltante, ed abbiamo tenuto testa anche ai grandi club in campo. Forse l'unico neo è che ci mancano due o tre punti rispetto a quelli che avremmo meritato in campo ma la classifica è già bella così. Con quei tre punti in più sarebbe stata straordinaria ma va bene così. Anche perchè questa squadra sta dando conferma della bontà del nostro progetto che parte da lontano e che vuole arrivare lontano . Anche davanti a chi gli 'strofina' la lampada di Aladino per il sogno scudetto Marino non si sottrae. E' un obiettivo che tutti desideriamo ma per il raggiungimento del quale ci vuole tempo e lavoro. Per ora non ne parliamo e proseguiamo il nostro percorso tappa dopo tappa . Intanto lo scudetto del calciomercato il Direttore Generale del Napoli lo ha probabilmente già vinto con il colpo Lavezzi. Devo dire - sorride Marino - che evidentemente Lavezzi se lo erano dimenticati in molti, noi di certo no. In Argentina era un uomo di spicco ed uno dei nomi di punta più considerati ed amati. Ora è un nostro patromonio . Quanto varrebbe ora questo patrimonio in chiave mercato? Avrebbe un valore immenso, anzi inestimabile. Nel senso che non lo cederemo mai . A proposito di mercato tra i tanti nomi proposti al Direttore azzurro dai tifosi ci sono anche quelli di due napoletani.. Sì, Pasquale Foggia e Mauro Esposito sono due talenti campani e a me piacciono molto. Mi farebbe piacere vederli a Napoli ma sono cose che non si possono prevedere . Infine una chicca: 'Direttore chi preferisce tra Pelè e Maradona?'. Conoscendo i gusti e la carriera di Pierpaolo Marino è un po' come chiedere all'oste se il vino è buono.. Non c'è dubbio, scelgo Diego. Pelè era un giocatore straordinario, muscolare e dotato di una tecnica sopraffina. Ma Maradona è un'altra cosa. Lui e il pallone formavano un corpo solo .
venerdì 30 novembre 2007
Lavezzi, il più picchiato del campionato
Anche ieri mattina Ezequiel Lavezzi era in palestra mentre la squadra si allenava sul prato dietro al campo pratica di golf di Castelvolturno. Il fantasista argentino era, ed è ancora, alle prese con una poderosa botta alla gamba da smaltire. Niente di grave, per carità, nulla che possa precludere al giocatore la partita di Bergamo di domenica prossima; si tratta solo della consueta settimana di recupero di un giocatore che in campo viene letteralmente tartassato dai difensori avversari. Per fermarlo, generalmente, non esistono altre alternative, bisogna mandarlo per terra: e i difensori avversari non si fanno scrupoli ad utilizzare le maniera forti. Anche perchè, quando si colpisce Lavezzi, non sempre gli arbitri sono disposti a fischiare. Parlare di malafede sarebbe oltraggioso nei confronti della classe arbitrale, però da quando l’argentino cadde in area durante Napoli-Juve, e si prese un rigore che forse era dubbio, s’è sparsa la voce che Lavezzi è uno che cade troppo facilmente. E siccome i fischietti hanno paura di sbagliare, preferiscono non fischiare: «La vera questione non sono i falli che vengono concessi per gli interventi su Lavezzi - spiega il direttore generale del Napoli, Pierpaolo Marino - il problema sono i falli che lui riceve e che non vengono sanzionati. Ogni tre colpi proibiti che riceve Lavezzi, arriva un fischio. Così per lui è difficile giocare, e per noi è difficile tutelarlo». L’ultimo episodio clamoroso risale alla partita contro il Palermo, in trasferta. Lavezzi non fu solo spedito per terra, ma l’avversario riuscì anche a salire con gli scarpini sulla sua schiena, eppure l’arbitro Rosetti (uno d’esperienza, mica l’ultimo arrivato) non s’accorse nemmeno del fatto, nonostante le proteste del giocatore: «Dopo quella la partita aveva ancora i segni dei tacchetti sulla schiena - dice Marino - ma sarebbe stato inutile portarlo dall’arbitro e farglieli vedere. ormai la partita era finita». Anche domenica scorsa, dopo la vittoria sul Catania, il direttore Marino ebbe qualcosina da dire sulla direzione di Brighi: «Ha diretto bene, ma oramai a Lavezzi fischiano un fallo ogni cinque..», raccontò a fine gara. Proprio nell’ultimo match, probabilmente è stato raggiunto il vero record di fischi negati al giocatore argentino: Brighi ha sanzionato il primo fallo contro l’attaccante azzurro, al minuto numero 75, un quarto d’ora prima della fine della partita. Evidentemente, prima di quel momento, nessuno aveva toccato il Pocho e quando era rovinato per terra, in almeno tre occasioni, era inciampato da solo.. Lui, il Pocho Lavezzi, cerca di stringere i denti e andare avanti. Il Napoli non ha voglia di alimentare la polemica sui fischi arbitrali negati a Lavezzi e cerca di aiutare il ragazzo a recuperare in fretta dalle contusioni della domenica, per consentirgli di tornare in campo alla domenica successiva. In Italia, nonostante i fischi negati, Lavezzi è il giocatore più tartassato del campionato. Sessantuno i falli ufficialmente subiti dall’inizio della stagione, almeno cento quelli realmente ricevuti. Dietro di lui c’è solo Foggia del Cagliari, con 56 falli subiti. Gli altri sono staccatissimi, compresi Del Piero e Kakà: hanno subito rispettivamente 33 e 32 falli, la metà dei colpi inferti a Lavezzi.
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giovedì 29 novembre 2007
Lavezzi, un altro tatuaggio: sulla pelle la «N» azzurra
Ha dodici tatuaggi, ben presto aggiungerà il tredicesimo. Lavezzi l’ha già scelto e a farglielo sarà Mario Tramacco di «Tattoo enigma» a San Vitaliano. Sarà lo stemma del Napoli. Ricordando che ha tatuati sul corpo il nome del figlio e l’immagine di Maradona, la «N» del Napoli avrà un suo significato: «Questo club e i suoi tifosi sono entrati nella mia vita».
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lunedì 26 novembre 2007
NAPOLI-CATANIA 2-0
Doppietta di Zalayeta, per un Napoli Reja recupera Blasi a far legna in mezzo al campo, mentre Baldini deve rinunciare a Vargas e Terlizzi, squalificati. E' un Catania che comincia forte, stimolata forse dall'inedita maglia arancione (con risvolti blu), in stile Olanda. Pressing, dialoghi ad alta velocità; il Napoli per un quarto d'ora non riesce a prendere le misure ai siciliani. Come un diesel, però, gli azzurri mettono piede nella metà campo avversaria e non si schiodano più, salvo in rare occasioni. Di tiri in porta, in compenso, nessuno, anche perché il Catania alza le sue oneste barricate. Tutto questo fino al 43', quando da una rimessa laterale il pallone giunge a Zalayeta. Il Panteròn con una finta si sbarazza di due difensori e si spalanca la strada per un calcio di rigore in movimento. Piattone di sinistro e Polito battuto. Il modo migliore per chiudere il primo tempo. La risposta di Baldini ad inizio ripresa è Llama. Un rischio, perché uscendo Colucci il centrocampo catanese s'indebolisce. Piatto ricco per Gargano e Hamsik. L'uruguaiano in tal senso è impressionante, con le sue progressioni da giocatore di rugby. Lavezzi, come sempre, è un folletto che negli spazi aperti si esalta; l'impressione a volte è che se volesse mettere la quarta marcia sarebbe ancora più devastante. Sottil e Stovini sul "Pocho" usano spesso le maniere forti, forse per farsi passare i mal di testa. Comunque, è un Napoli che gioca la ripresa sul velluto, e che chiude la partita con un altro super gol di Zalayeta, tra l'altro in procinto di essere sostituito. Uno-due, guarda un po', con Lavezzi, e destro potente rasoterra. Potrebbe addirittura arrotondare, il Napoli, con il Catania ridotto a sacco da pugilato. Ma Polito dice no in almeno tre occasioni.
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lunedì 12 novembre 2007
palermo napoli 2-1
Buttata via un'altra occasione. Il Napoli a Palermo paga i suoi troppi errori e anche le mezze prestazioni di quasi mezza squadra. Eppure l'aveva avuta in pugno la partita. In vantaggio, invece, è riuscito a farsi prima raggiungere e poi addirittura superare. Al Palermo è bastata una notte da combattimento per aver ragione degli azzurri e uscire dalla crisi. Parola che il Napoli di certo non conosce, ma certo non è una grande cosa pareggiare in case e prenderle in trasferta. Forse è bene cominciare a preoccuparsi. Eppure la partenza azzurra è niente male. Il disegno di Reja sembra vincente su quello necessariamente più accorto e d'emergenza che mette in campo Colantuono costretto a rinunciare a uomini importanti in quantità. Cinque minuti, infatti, e punge Hamsik. Altri cinque e Fontana fa il fenomeno sul sinistro di Lavezzi, poi è ancora lo slovacco a caricare il destro e stavolta a mangiarsi pure il gol. Venti minuti tutti napoletani, dunque. Venti minuti di possesso del campo e della palla. Poi, però, la partita cambia. Il Palermo si cala meglio nella parte di chi non può deludere la gente e complice pure il centrocampo azzurro quasi quasi si ripiglia la partita. Anzi, fa di più. In due minuti due (19' e 21') mette i brividi agli azzurri. Prima Tedesco (di testa) e poi Brienza (col sinistro), infatti, centrano il palo alla sinistra di Iezzo che avrebbe parecchio da dire ai suoi compagni sulla libertà concessa ai siciliani. È qui che la partita cambia. Nel senso che la reazione, il gioco e la combattività del Palermo riportano la gara in equilibrio. Ma in questo ritorno rosanero c'è pure un bel po' di colpa azzurra. Non che complessivamente il Napoli dispiaccia, ma il problema è che non tutti i giovanotti di Reja danno il meglio di se stessi. Pur giocando un sacco di palloni non è preciso Garics, ad esempio, ma dove il conto non torna è a centrocampo. Qui, infatti, Gargano e Bogliacino fanno poco. E per giunta spesso sopravanzano anche Hamsik pericolosamente. C'è pure dell'altro, però. C'è che Maldonado (all'esordio al posto di Contini infortunato) ha difficoltà a tenere a bada Cavani e ci va duro sino all'ammonizione e c'è che Zalayeta, funzionale nel gioco di Reja a tener palla, poi sottoporta non c'è mai. Mai assiste Lavezzi e mai l'accompagna. Certo, si può dire che ora la partita si infiammi, ma succede solo perché Napoli e Palermo s'allungano imprudentemente e quindi s'offrono entrambe al contropiede. Il gol è quasi nell'aria. E infatti arriva in avvio di secondo tempo. Improvviso l'attacco di Lavezzi, bello il cross e puntuale pure il tuffo uruguaiano di Mariano Bogliacino. Palla in rete. Napoli in vantaggio. Ma la partita non è chiusa. Al contrario s'apre solo adesso. Rabbiosa, infatti, è la reazione del Palermo. E concreta. E redditizia. Tre minuti, infatti, ed è pareggio. Tredici ed è sorpasso addirittura. E in entrambe le occasioni è Giovannino Tedesco a non perdonare Iezzo: prima un gran bel pallonetto, poi un comodo appoggio su mancata uscita del portiere azzurro. Partita e risultato ribaltati, dunque. Il Napoli che s'era illuso si ritrova sotto. Prova a reagire, però. Ma Hamsik (36') è capace di sprecare un'altra occasione d'oro e a poco o nulla servono pure le entrate in campo di quel Calaiò che aveva sperato di giocare un po' di più e di quel Sosa che nelle intenzioni di Reja dovrebbe rendere subito più di Zalayeta e magari riacciuffare il risultato. Troppo tardi. Il Napoli attacca, sì, sino all'ultimo secondo, ma non rimedia più.
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martedì 6 novembre 2007
Grinta e gol: il Pocho lascia sempre il segno
Classe, velocità e potenza: Lavezzi è l’incubo delle difese. Decisivo anche con i calabresi Napoli si aggrappa a Lavezzi. Quando l’argentino ha segnato la rete del pareggio sulla Reggina, il San Paolo ha avuto un urlo di liberazione, di entusiasmo: quel ragazzo che si sfilava la maglia e andava a gioire davanti al pubblico, ha restituito serenità a uno stadio sfiduciato. Ezequiel Lavezzi, ventidue anni, continua ad essere l’uomo-simbolo del Napoli. Il giocatore che, da solo, mette in difficoltà gli avversari; l’uomo che, anche quando i compagni soffrono e fanno fatica, è capace di mille guizzi. Ieri pomeriggio, dopo la partita, i compagni uscivano mogi mogi, lui invece ha attraversato il corridoio degli spogliatoi con un sorriso che accompagnava quel suo passo veloce che sembra un samba brasiliano più che un tango argentino. Era felice Lavezzi, ma non ha aperto bocca davanti a microfoni e taccuini perché la società aveva deciso di tenerlo in silenzio. Non gli è scappato nemmeno un «sono felice». Ma l’entusiasmo di essere l’uomo vincente del Napoli che ha rimesso piede in serie A, glielo si leggeva in volto. S’è procurato il rigore che, poi, Calaiò ha sbagliato. E allora s’è rimboccato un’altra volta le maniche, e il gol è andato a farselo da solo. Eppure, ridurre la partita di Lavezzi a due soli episodi, sarebbe un torto grande per il «Pocho». Lavezzi è stato al centro di tutte le azioni pericolose del Napoli, anche ieri contro la Reggina. Ha partecipato ad ogni momento delicato del match. È riuscito a cavalcare ancora una volta, palla al piede, per lunghi metri sul prato del San Paolo, nonostante il trattamento che gli viene riservato, è sempre più duro. Nelle prime partite la sua classe non era bloccata dagli interventi duri degli avversari: poco conosciuto, ha vissuto i centottanta minuti iniziali del campionato italiano, mostrando colpi di classe e qualche magia, poi i difensori si sono accorti di lui e hanno cominciato a colpire duro. Ieri ha preso parte attiva all’azione che ha portato Hamsik solo davanti a Campagnolo nel primo tempo; è andato a mettere in crisi il portiere avversario dopo ventidue minuti della ripresa, con un tiro che è stato parato a fatica dall’avversario; poi s’è andato a prendere un sacrosanto rigore alla mezz’ora e alla fine ha anche segnato. In mezzo a queste vampate ci sono stati mille tocchi da campione; chilometri di corsa per liberarsi dagli avversari; tantissima pressione messa sulle spalle della difesa avversaria: perché, a un difensore, basta vederlo avvicinarsi all’area per entrare in crisi. Dopo la poderosa campagna mediatica seguita al dopo-Juve, s’è ritrovato appiccicata addosso anche l’etichetta del cascatore, lui che viene costantemente tartassato dagli avversari. Mercoledì notte a Firenze, ogni volta che subiva un fallo, veniva fischiato dal pubblico avversario, accusato di essere uno che finge. Lui non se l’è presa. Sa che questa etichetta se la porterà addosso per un bel po’ ma continua ad essere lo stesso giocatore di sempre. Quando arrivò in Italia, si disse che era bravo ma non aveva feeling con il gol. Per adesso di reti ne ha già segnate tre. L’anno passato ne fece 7 in tutta la stagione con il San Lorenzo. Evidentemente sta crescendo: il ragazzo bravo in attacco, ha anche scoperto di avere un buon rapporto con la rete.
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Il mio Lavezzi, che tesoro
La premessa è doverosa: Ezequiel Lavezzi è sempre più l'idolo di Napoli, certo, ma è un mistero anche per i compagni, vista la sua riservatezza: un ragazzo vivace e divertente, sì, ma per nulla divo o personaggio. La sua allergia nei confronti dei media si è acuita dopo quel problemino nel traffico napoletano, una storia che ha segnato tanto lui quanto la sua famiglia. Un vero e proprio clan, blindato e protetto. Impenetrabile. Anche la signora Debora, la donna che l'argentino conosce sin dall'età di 14 anni, è ligia alla regola del o comment Eppure domenica al San Paolo attendeva l'uscita di Ezequiel dal salottino antidoping, la senora Lavezzi ha rilasciato qualche dichiarazione. Inconsapevole: ono felice del gol alla Reggina, certo. Pocho me l'aveva anticipato sabato sera: mi ha telefonato dal ritiro e mi ha detto che avrebbe segnato alla Reggina. Che avrebbe fatto il primo gol al San Paolo Lo chiama Pocho anche lei, lo chiamano tutti così: un vezzeggiativo, un soprannome che in italiano potrebbe essere tradotto come iccolino Lavezzi dopo il trasferimento a Baires, ha prima conosciuto il Boca Juniors, poi l'Estudiantes e infine il San Lorenzo, squadra del quartiere di Almagro. Fu l'Estudiantes a scommettere su di lui, ed è qui che ha scritto un record: Ezequiel è stato il primo giocatore ad essere convocato in Nazionale pur giocando in serie B. Il pallone nel sangue, insomma. Come il piccolo Tomas: nche lui ama già il calcio. Gioca, gioca dice Debora. Intorno, le famiglie di Zalayeta, Sosa, Gargano e Bogliacino: il Pocho frequenta esclusivamente loro. Cene in casa e rare apparizioni nei ristoranti per degustare pesce e pizza ............................................................................................................................................................................................................................................................... EZEQUIEL LAVEZZI: La paura dichiarata di Ulivieri per il Pocho, espressa prima della gara, fa capire come il suo nome stia oramai cominciando a circolare sulla bocca di tanti in Italia, e persino in Europa. E nel frattempo gongola Marino, che si è portato a casa un gioiello così per una cifra modica, tutto sommato. Anche quando non è in una di quelle giornate strepitose, questo ragazzo non sta mai fermo a guardarsi la partita, ma si dimena, corre si propone, e insiste, finche dai suoi piedi non arriva una di quelle giocate capaci di risolvere la partita. Due, per la precisione, domenica. La prima evidenzia come il suo scatto sia devastante, alla prima occasione nella quale il fulmine argentino ha avuto la possibilità di sgroppare verso l’area avversaria: fuori un avversario con una finta, e non appena ha un po’ di campo davanti, irresistibile slalom fino all’abbattimento da parte di Aronica in piena area di rigore. Un concentrato di tecnica e potenza da alta scuola. La seconda occasione è forse meno spettacolare, ma intanto è quella che permette al Napoli di raddrizzare il match, ovvero quella rasoiata precisa con la quale il Pocho finalmente riesce a battere Campagnolo. Prima rete in campionato al San Paolo, da centravanti puro, e terza rete totale in undici partite. Per uno al primo anno in Italia, che diceva di non vedere troppo la porta…davvero non male. Semplicemente fulmine .......................................................................................................................................................................... LAVEZZI - «IL GOL LO DEDICO A NAPOLI» disperazione per trecentosessanta minuti, dal Cagliari alla Juve; e, in mezzo, l’emarginazione nei novanta minuti da spettatore acciaccato con il Livorno; la perseveranza, infine, in quegli altri novanta da attore non ancora protagonista con la Reggina: cosa non si fa per campare! L’ennesimo pomeriggio a sfangare per gli altri, a creare nell’attesa della dissipazione più assoluta, a produrre assist, ad emulare Ronaldo mentre Aronica a travestirsi da Iuliano di una Juve- Inter incancellabile: che fatica! Un assolo da campo a campo, una serie infinita di cross, gli allunghi di sempre, il loco e anche il pocho di Napoli: però! Finita pure stavolta, finita senza riuscire a graffiare, senza aver la possibilità di sfatare uno stadio amico, certo, però anche tabù: finita per davvero, con la Reggina in vantaggio e con la terza sconfitta interna impacchettata. Gli ultimi granelli di sabbia nella clessidra, l’ultimo squarcio di lucidità, le gambe un po’ pesanti però ancora potenti, un pallone che danza nell’area e nell’aria, che piove dal cielo, che induce ad andargli incontro: è così che si fa per campare! Quattrocentocinquanta minuti dopo, ecco a voi Ezequiel Lavezzi, eccolo felice come non l’avete mai visto, straripante e senza maglietta più addosso, scatenato e senza ormai più guardie del corpo da eludere ma tifosi da abbracciare, idealmente uno ad uno, dopo essere riuscito a rimuovere la maledizione che pareva averlo colpito in quello stadio da omaggiare: 11 alla Reggina, con una rasoiata che squarcia le nubi addensatesi su Fuorigrotta e scatena la Piedigrotta del calcio. «Dedicato a Napoli». L’annotazione di Udine, l’annotazione dell’Olimpico di Roma, l’annotazione nel chiuso dello spogliatoio agli amici di sempre, di questi quattro mesi napoletani che se lo coccolano e se lo godono, che ringraziano il Cielo per averlo dalla propria parte, che restano aggrappati sempre alla speranza perché finché c’è il loco c’è di che sperare. Il primo gol casalingo del pocho nel San Paolo ormai fracassato, rassegnato alla sconfitta, spappolato dalla delusione, è una miscela esplosiva allo stato puro, è un corrosivo dell’anima, è una scossa d’adrenalina per una città che s’è adottato l’ennesimo argentino e ne ha sistemato l’immaginetta sul comodino. La prima rete di Ezequiel Lavezzi è il premio per l’ennesimo pomeriggio da luna park, consumato a trascinarne quarantamila su e giù per le montagne russe, speso a correre da campo a campo sentendo sul collo il fiato degli avversari e l’ohhhh di stupore d’una folla ormai irrimediabilmente ai suoi piedi, anzi aggrappata alla sua chioma fluente, ubriacata dai suoi dribbling, deliziata dai suoi palleggi, dalla sua danza lieve, un tango seducente. Il Lavezzi-gol è un’esercitazione mai vista prima d’ora al san Paolo e il fato lo sistema al novantesimo, trasformando un thriller in un romanzo popolare che odora di Buenos Aires e Napoli, che intreccia profumi già annusati, che non mischia il sacro con il profano, lasciando che il miracolo avvenga attraverso un destro ciclonico e non un sinistro ineguagliabile. Il Lavezzi che s’impadronisce tout cort di Napoli è uno scugnizzo dai modi accattivanti che fa vibrare e vibra quando l’urlo disumano del San Paolo l’incorona ufficialmente: il nuovo re s’è presentato................................................................................................................................................................ Tre gol in serie A e tre in Coppa Italia Ezequiel Lavezzi ha segnato domenica, contro la Reggina, in piena zona Cesarini, il suo terzo gol in serie A. L'argentino era andato a rete nel 5-0 di Udine e nel 4-4 contro la Roma. Domenica la sua prima rete al San Paolo. Lavezzi è uno dei ventidue argentini nella storia del Napoli. Con 3 gol ha affiancato Ramon Diaz. Prossimo obiettivo le 4 reti in azzurro di Giorgio Humberto Rosa, argentino del Napoli 1962-64. I primi tre posti della classifica dei bomber argentini del Napoli sono occupati da Maradona (81 gol), Pesaola (27) e Sosa (25). Ecco i numeri del 2007/08 di Ezequeil Lavezzi: presenze: 12 (10 in serie A e 2 in Coppa Italia) minuti in campo: 1.050 (881 in serie A e 169 in Coppa Italia) partite intere: 6 (5 in serie A e 1 in Coppa Italia) sostituzioni avute: 5 (in serie A) sostituzioni fatte: 1 (in Coppa Italia) ammonizioni: 2 (in serie A) gol: 6 (3 in serie A e 3 in Coppa Italia) Ha segnato finora 6 gol in 1.050 minuti: una rete ogni 175'
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lunedì 5 novembre 2007
POCHO: PRIMA GIOIA AL SAN PAOLO IN CAMPIONATO
a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi76iOcfxOZVf4CwrxYfwLUnmyv-o2yobZseODykKWAGaxAPM9wQHLZuW0azUDT4eCbeqaSSJTL2gX0aP47YNBBt8s6WVyo6IT21j0sHOyosMAxLMQrDMDBLUv9bGKd2zStl5KiRS63XXlc/s1600-h/th_446%5B1%5D.jpg"> Giornata per il Napoli, quella undicesima, dal sapore agrodolce: un punto contro una squadra non di certo di primissimo livello, ma un punto meno amaro perchè arrivato a speranze oramai perdute. Un rigore sbagliato, e un calciatore come Calaiò ancora a secco, anche se in suo favore giocano i non tantissimi minuti giocati. Una bella notizia invece, è la prima marcatura personale del Pocho Lavezzi in campionato, sul prato del San Paolo. Ci sono volute undici gare, per l'attaccante agentino, ma finalmente, dopo le prodezze di Udine e Roma, e la trpletta al San Paolo, ma in Coppa Italia contro il Pisa, quest'oggi al minuto '89 è arrivata la prima soddisfazione in massima serie davanti al suo pubblico.
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domenica 4 novembre 2007
Napoli-Reggina 1-1
Napoli - L'urlo del Pocho. Ezequiel Lavezzi al novantesimo libera il San Paolo dall'incubo. Il Napoli pareggia 1-1 una partita da "Ogni maledetta domenica" di quelle che 'la palla non vuole entrare', che non basta neppre un rigore, che non c'è verso di vedere il sole. Ed invece la luce arriva poco prima delle 5 del pomeriggio: il Pocho strappa pagine di letteratura vudù e appendici di stregonerie. Azzurri come Ercolino sempre in piedi si riprendono il minimo sindacale del merito di una partita condotta all'assalto praticamente sempre. Un punto che non si conta sulle dita ma sul cuore. Napoli che deve trovare la chiave per aprire la cintura reggina. Ulivieri predispone una comprensibile trincea con in aggiunta l'islandese Hallfredsson che blocca a uomo Gargano. Insomma c'è da scardinare. Il Napoli si vede subito al 16': triangolazione veloce Lavezzi-Zalayeta-Hamsik, tiro potente dello slovacco, alto. Al 18' Bogliacino invita ancora Hamsik all'acchito: sinistro pronto e stavolta Campagnolo salva coi piedi. Al 26' punizione di Domizzi, centrale. Al 27' gran progressione di Grava che entra in area da destra, tiro cross teso, Domizzi e Zalayeta in spaccata non ci arrivano di un nulla. Al 30' ancora Grava, taglio per Bogliacino che si getta sul pallone ma non trova l'impatto. Al 39' si vede per la prima volta la Reggina: incursione di Modesto, cross teso e Iezzo è pronto all'uscita. Primo tempo: 0-0. Nel secondo c'è il colpo: al 9' Vigiani devia in porta un cross da calcio d'angolo, 1-0 per la Reggina. La salita è ancora più ripida. Reja manda dentro Sosa e poi Calaiò. Si contano i minuti, le occasioni, brividi. Prima la testa di Bogliacino, Campagnolo salta come un gatto a deviare. Poi Lavezzi da lontano al 67'. Finchè il Pocho non decide di fare da solo: progressione da urlo, irresistibile, palla al piede per 20 metri, e prima di arrivare in porta Aronica lo stende. Rigore. Va a tirarlo Calaiò. Campagnolo intuisce l'angolo e devia. Non vuole entrare. Fino al lampo di Lavezzi. Il Pocho al novantesimo si curva e scaraventa in porta un destro rabbioso: 1-1. L'urlo di Ezequiel il lupo e la liberazione del San Paolo. Un punto che non si conta sulle dita ma sul cuore.
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